GIOVANNI FATTORI
Giovanni fattori fu uno dei più importanti incisori dell’epoca moderna,
grazie a questo pezzo d’arte che oggi vi propongo alla vendita, ho avuto
l’occasione di conoscere uno dei massimi esperti di questo artista ad oggi,
l’achitetto e pittore, storico dell’arte e scrittore di numerosi testi, il
Prof. Andrea Baboni, classe 1943.
Ho incontrato il professore nella sua casa, a Correggio, dove mi ha accolto
insieme alla moglie Daniela. La sua casa-studio, stracolma di testi d’arte ed
opere, è un luogo accogliente dove chi ama l’arte e la cultura come me può
trascorrere interi pomeriggi a chiacchierare davanti ad un buon caffè.
Le foto dei testi qui allegate si riferiscono al doppio volume: “
Giovanni Fattori L’opera incisa “, edizioni Over, di cui il Prof. Baboni
ha curato la catalogazione con apparati critici (uno dei tanti testi critici
curati da lui).
ALLE MANOVRE – Acquaforte su zinco. Lastra mm.90X141 conservata al Gabinetto
Disegni e Stampe degli Uffizi(Inventario n.20M).
A pagina 496 del testo che vi ho citato in alto, troverete una descrizione
approfondita dell’opera qui presentata.
Mi piace inoltre, che quest’opera sia correlata da una bellissima cornice
coeva laccata e dorata.
Giovanni Fattori
(Un po’ della biografia dell’artista, da Wikipedia)
[Giovanni Fattori, Livorno il 6 settembre 1825-Firenze 1908. La madre era la
fiorentina Lucia Nannetti (…), mentre il padre si chiamava Giuseppe Fattori.[1]
Rinaldo, primogenito di Giuseppe, titolare di un prosperoso banco di affari,
sempre a Livorno, era più vecchio di Giovanni di una quindicina d’anni e
instaurò con lui un rapporto speciale, quasi da padre e figlio. Fu per questo
motivo che Giovanni Fattori, abbandonati gli studi alla scuola elementare, andò
a lavorare nella banca d’affari del fratello, dove comunque imparò a leggere e
a scrivere. Giovanni, tuttavia, rivelò ben presto un’innata vocazione per il
disegno: dopo aver intuito le sue inclinazioni artistiche, pertanto, la seppur
disagiata famiglia affidò il giovane alla scuola privata di Giuseppe Baldini,
il migliore e «unico» artista della città. Ciò malgrado, egli non fu un bravo
maestro per il Fattori, che in tarda età lo avrebbe ricordato come un uomo
frivolo e vanaglorioso: dopo aver quindi preso consapevolezza
dell’inconcludenza dei suoi studi, egli si trasferì a Firenze e si iscrisse
all’Accademia
di belle arti di Firenze, dove studiò svogliatamente sotto la guida di Giuseppe Bezzuoli.
Numerosi furono i suoi compagni di studi, tutti della medesima età ed
estrazione sociale, unitamente animati da vivi sentimenti democratici e tra
loro estremamente solidali. Erano costoro Costantino
Mosti, suo primo compagno di stanza a Firenze; Odoardo Lalli, col quale
per qualche tempo condivise lo studio dopo essersi trasferito in via della
Pergola in seguito alla prematura scomparsa di Mosti[2];
Alfonso, Clarissa, Penelope e Amalia Nardi; Verulo e Alcibiade Bartorelli;
Enrico e Nicola Kutufá; Ferdinando e Lucia Baldesi. Alla comitiva si
aggiungevano anche un tal Giordanengo, Giovanni Paganucci (che
condivise con il Fattori una soffitta in via Nazionale intorno al 1855), Ferdinando Buonamici e Luigi Bechi (futuri
frequentatori, insieme al Fattori, del Caffè
Michelangiolo): come osservato da Dario Durbè questi sono «nomi capaci oggi
di risvegliare un’eco solo nella mente di un qualche cultore di storia locale
livornese, eppure importanti per ricostruire momenti di eccezionale rilievo
nella sensibilità dell’artista».[1]
(…)
Giovanni Fattori è considerato uno dei più sensibili esponenti del movimento
dei Macchiaioli. Egli iniziò a informare i primi personali orientamenti
artistici quando, a partire dagli anni Cinquanta dell’Ottocento, iniziò a
frequentare il Caffè Michelangiolo di Firenze, animato da «una classe di
giovani [artisti], i quali erano divenuti nemici dei professori accademici:
guerra all’arte classica!». Fattori, mostrandosi insofferente alla pittura
accademica e ai temi storico-celebrativi da essa prediletti, aderì quasi
fisiologicamente alla macchia, una nuova tecnica pittorica ed
espressiva legata con la poetica naturalistica. Lo scopo di Fattori, infatti,
era quello di instaurare una pittura di ‘impressione’ modulando i volumi e le
lontananze non più con il tradizionale chiaroscuro, bensì con la giustapposizione
omogenea di campiture di colore accordate tra di loro in base al «tono», al
«valore» e al loro conveniente «rapporto» (come spiegò egli stesso). Questa
prassi aveva i suoi presupposti nelle dinamiche della percezione visiva: la
presenza delle macchie, infatti, è giustificata dal fatto che
l’occhio umano è colpito solo dai colori, che con le loro brusche interruzioni
descrivono i contorni degli oggetti. Per questo motivo il reticolo disegnativo
di Fattori non contemplava l’utilizzo di linee di contorno (assenti, tra
l’altro, anche nella realtà).[4]
(continua…)
Il suo stile:
I dipinti di Fattori trattano gli aspetti più terragni e quotidiani della
realtà, quelli meno appariscenti e per questo motivo più dolorosi: a queste
tematiche l’artista si accostò con diverse disposizioni d’animo, presentando
talvolta un grande e innocente coinvolgimento lirico e altre volte facendo
prevalere l’intento polemico, ironico o descrittivo. Questa riflessione sulla
quotidianità, in ogni caso, fu condotta sempre con grande vigore e autenticità
morale, in pieno accordo con la poetica macchiaiola, animata da un pungente
verismo pittorico: (…)Giovanni Fattori[5])
La produzione pittorica di Fattori, in ogni caso, abbraccia numerosi altri
soggetti oltre a quello militare. Un tema ricorrente è il paesaggio, in
particolare la sua terra, la Maremma toscana; vi troviamo anche un certo gusto
per il ritratto, realizzato con grande penetrazione psicologica e disinvoltura.
Altro tema fondamentale della poetica fattoriana è quello dei contadini e dei
loro costumi: i butteri, la gente del popolo e il loro faticoso
lavoro dei campi, la vita degli animali e il logorio del lavoro sono tutti dati
stilistici che troviamo in molti dei suoi dipinti. In questo modo Fattori
restituisce l’immagine di una natura tutt’altro che generosa e idillica, bensì
crudele, ostile, dove gli uomini e gli animali sono accomunati dal medesimo
destino di sofferenza e miseria.[5]
Fattori, del quale esiste un cospicuo numero di opere, è ben rappresentato
in numerosi musei italiani, fra i quali giova ricordare il museo civico
Giovanni Fattori di Livorno, la Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Roma, la Galleria d’Arte Moderna di
Palazzo Pitti (a Firenze), nella pinacoteca di Brera a
Milano e la torinese Galleria
civica d’arte moderna e contemporanea. Per quanto concerne il suo retaggio
Fattori esercitò un’influenza forte e duratura su numerosi artisti, come Plinio Nomellini, Oscar Ghiglia, Giuseppe
Pellizza da Volpedo e Amedeo Modigliani.[1]
(…) ]
Fonte Wikipedia